Come sono cambiate le vacanze? Viaggio tra oggi e ieri
Una volta le vacanze estive avevano un altro sapore. Si partiva tutti assieme, allegramente, per la villeggiatura preferita di tutta la famiglia, che poi era sempre la stessa, ogni anno. Ritrovavi i vecchi amici, ti sembrava che un anno era volato in un batter d’occhio, forse ritrovavi anche l’amore dell’anno prima. La vecchia canzone di Mina, quella che dice “Quest’anno non cambiare, stessa spiaggia, stesso mare”, ora sembra soltanto un vecchio ricordo, il ritornello lontano anni luce da quel presente, fortemente segnato dalla crisi economica, che ha cambiato, significativamente, le vacanze degli italiani.
Per alcuni sono già iniziate le ferie, per altri, ancora, c’è da aspettare il momento tanto atteso di vacanze, magari da passare in qualche nota località balneare. Si lavora tanto e non si vede il momento di staccare la spina e partire, lontano dal caos delle città, e rilassarsi con le persone amate accanto.
I tempi in cui viviamo, di globalizzazione ma soprattutto della crisi economica che ha colpito tante delle famiglie italiane, ha cambiato molto la percezione delle vacanze. Un tempo tutto era diverso. Il boom economico a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 aveva visto migliorare il tenore di vita degli italiani. Le vacanze, prima lusso accessibile solo ai ricchi, passo a passo diventano anche disponibili al ceto medio, che prima di allora a fatica si poteva permettere qualche utilitaria, rigorosamente pagata a rate.
A partire degli anni ’60 e ’70 diventa quasi scontato andare in vacanza con l’intera famiglia per un mese intero. Si partiva in macchina, in quegli anni la patente si otteneva a 20 anni e solito un membro di famiglia la possedeva, o in treno, di notte per arrivare ore dopo, che sembravano un’eternità, alla destinazione. La stessa ogni anno. Le mete più gettonate erano quelle della costa adriatica come Rimini o Riccione, oppure Cattolica. Quanta gioia riempiva i cuori dei giovani che ogni estate potevano contare sugli stessi “amici del mare”!
Negli anni ’80, con l’arrivo dei tour operator e i pacchetti all-inclusive, le vacanze diventano sempre più internazionali. Gli italiani cambiano le loro abitudini, le vacanze di un mese si dimezzano a due settimane, da passare in qualche villaggio, o struttura alberghiera. Le mete italiane, sempre amate e scelte sia dai personaggi noti che dalla gente ‘normale’, vengono ampliate, ma non sostituite, con quelle estere.
Gli anni ’90 invece diventano portavoce delle vacanze low-cost, della durata variabile, e che vedranno sempre più italiani scegliere le località straniere. I giovani scoprono, con almeno 30 anni di ritardo rispetto agli altri europei, Ibiza – località nota per il divertimento che ha sempre attratto i turisti stranieri.
Il nuovo millennio ha dato una nuova luce al modo di vedere e vivere le vacanze. L’attacco alle Torri Gemelle, che ha messo in discussione la sicurezza dei viaggiatori, e la grande crisi economica che ha colpito il mondo, sono state le principali cause per i quali l’84 degli italiani oggi preferiscono la vacanza tra i confini domestici.
I dati Istat parlano chiaro. La crisi, anche se ha diminuito molto il potere d’acquisto degli italiani, che hanno ridotto i soggiorni brevi del 18,7%, non ha fatto calare i numero dei vacanzieri nostrani. Se si fanno i sacrifici durante l’anno, magari risparmiando su altre cose, alle vacanze non si rinuncia. Sempre forte vanno le mete italiane, mentre quelle estere sono in diminuzione. Quanto alla duratura delle ferie, si va sempre da una a due settimane.
C’è però un dato importante, che non bisogna tralasciare. Quasi 50% delle famiglie italiane vive con, circa, 1900 euro al mese, e il 14, 6% di questi non arriva al fine mese. Sono loro che hanno dovuto, per forza, adeguarsi alle nove regole, grazie all’impoverimento che ha investito un po’ tutti, e che hanno avuto diminuire il budget familiare, che una volta comprendeva anche le ferie, per poter sopravvivere.
Nel 2011 l’interesse per l’estero è stato alto, ma solo in parte è stato realizzato. Sono stati gli italiani di una certa età, che hanno optato per le vacanze domestiche, mentre a scegliere le mete estere sono stati i più giovani, sempre in ricerca della trasgressione.
La destinazione preferita degli italiani resta però l’Italia, anche se, va detto, tra il 1997 e il 2010, la quota di turisti che hanno scelto le località turistiche interne è passata dal 21,6% al 21,2%, mentre quella di chi ha scelto l’estero è salita dal 4,7% al 5,9%.
Tra le destinazioni nazionali più amate ci sono cinque regioni del nord, ovvero Emilia Romagna, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto e Liguria, due del centro , Toscana e Lazio, e tre del sud: Campania, Sicilia e Puglia. Il quadro è leggermente cambiato dagli anni ’90, in cui la Calabria figurava tra le prime dieci destinazioni, mentre oggi è rimpiazzata dalla Puglia.
Quando si sceglie di passare le vacanze fuori dal paese, si opta maggiormente per le destinazioni europee. Tra gli stati in voga ci sono Spagna, Francia e Croazia. Se invece si decide di passare le vacanze oltre i confini europei, gli italiani preferiscono l’Egitto, i Paesi del Maghreb e gli Stati Uniti. Se una volta andavano tanto di moda i Paesi latino-americani, ora non fanno più parte dei top 10.
Rispetto a ieri, è molto cambiato anche il modo di organizzare le vacanze. Se negli anni ’80 – ’90 tutti si avvalevano dei tour operator, nel 1997 il 25% dei viaggi venivano organizzati con la prenotazione diretta, oggi, con l’espansione della tecnologia, è molto in fai da te. Infatti, un viaggio su due viene prenotato online dagli stessi turisti, con il risultato che la quota delle agenzie sul totale viaggi è, anche se modestamente, in riduzione.
La rete è diventata molto importante e insostituibile, quanto alla prenotazione diretta, soprattutto per trovare l’alloggio ma anche per prenotare il volo. Con la nascita dei voli low cost, che come è noto, sono prenotabili e pagabili soltanto attraverso la rete, l’uso del web è cresciuto sostanzialmente. Oggi il 14% per cento dei viaggi, non solo in aereo, ma anche con altri mezzi di trasporto, vengono prenotati in rete.
Maggior parte degli italiani preferisce dei viaggi in aereo, soprattutto grazie alla economicità dei voli low cost. Il mezzo di trasporto più usato dagli italiani resta la macchina, sette viaggi su dieci vengono fatti in automobile, mentre cala l’uso dei treni.
Le vacanze italiane sono cambiate per certi aspetti, per altri invece no. Cos’è rimasto uguale? Restano tanti gli italiani che, prevalentemente per ragioni economiche, non vanno in vacanza. Il turismo tra gli anziani è un fenomeno piuttosto residuale, al limite si va fuori della propria regione ma sempre restando in Italia, nonostante le condizioni siano favorevoli ai viaggi. Località balneari sono sempre tra le più amate e scelte per le vacanze e per il trasporto l’auto resta sempre il mezzo più usato. Invece le case private sono molto più frequentate dagli alberghi e dei residences.
Qualcosa è,però, cambiato. Si è accorciata la durata media delle vacanze. Tra le mete preferite, vanno molto di moda anche quelle estere, in aumento quest’anno, soprattutto grazie ai viaggi low – cost. I viaggi sono sempre più organizzati e prenotati in rete, che ha fatto diminuire le vacanze effettuate senza prenotazione. Quanto a mezzi di trasporto, si usa di più l’aereo e meno il treno.
Vacanze alla misura del bambino
Come i grandi, anche i più piccoli di casa amano andare in vacanza, divertirsi e conoscere nuovi amici. Nel passato, durante i mesi estivi, era molto popolare andare in colonia. Se partiamo da un contesto storico, le colonie d’allora e i campi estivi di oggi, si sono molto cambiati.
Cosa sono le colonie? Con quel termine indichiamo i campi di vacanza organizzati per i bambini in età scolastica, che hanno come lo scopo rafforzare, utilizzando varie misure pedagogiche, corpo e mente dei giovani. All’inizio, furono creati apposta per quei ragazzi e quelle ragazze cui famiglie avevano difficoltà economiche, ma col tempo, a frequentare questi centri furono i bambini di tutti i ceti sociali.
Le colonie hanno l’origine in Svizzera, che fu tra i primi paesi a organizzare questi campi nel 1876. La prima colonia ebbe luogo nel cantone di Appenzello Esterno e fu condotta dal pastore Hermann Walter Bion. A quella prima vacanza presero parte 68 bambini e dieci adulti. Il pastore predicava ai ragazzi, che dormivano sul fieno o sulla paglia, e alle ragazze, ospitate nelle case dei contadini, il dovere di vivere una “vita semplice e limitata allo stretto necessario. I giovani dovevano aiutare i contadini a fare i compiti di economia domestica, e quando non “lavoravano”, trascorrevano il resto del tempo svolgendo attività all’aperto. Negli anni successivi, sempre più bambini partecipavano alle colonie, di cui l’idea si diffuse rapidamente in tutta Europa, arrivando, qualche tempo dopo, anche negli Stati Uniti, nell’America Latina e in Giappone.
In Italia, le colonie prendono il via nel 1822, a Viareggio dove l’Ospedale di Lucca organizza la vacanza per i bambini della strada. Nel 1885 c’erano già 19 centri, chiamati ospizi all’epoca, lungo le coste dell'Adriatico e del Tirreno settentrionali. Col tempo furono cresciuti soprattutto i centri per i marinai (43 nel 1913) e le colonie scolastiche e climatiche che prevedevano lunghe degenze per bambini malati di tubercolosi e di scrofolosi.
La Grande Guerra peggiorò le già precarie condizioni igieniche e sanitarie delle classi più poveri che popolavano i centri urbani industriali. Le malattie come il tifo, ma soprattutto la tubercolosi, la peggiore malattia del XIX secolo, segnarono profondamente il Novecento italiano e colpirono soprattutto i più giovani.
A partire dal 1926, la gestione delle colonie venne affidata localmente alle federazioni del PNF e alle loro Casse provinciali di previdenza per le opere di beneficenza. Dalla loro unione nel 1931 nasce l'Ente Opere Assistenziali , al quale contribuirono in fondi e in personale sia l'Opera Nazionale Maternità e Infanzia (Onmi) sia l'Opera Nazionale Balilla (Onb).
Alla metà degli anni '30 il fascismo si impegnò a dare una definitiva identità politica, sanitaria ed educativa alle colonie, soprattutto a quelle temporanee estive e marittime. Nel 1935, si tenne a Rimini un congresso nazionale medico che classificò attentamente le colonie estive secondo le malattie, i periodi di cura e di soggiorno, le località e stilò un primo regolamento al riguardo.
Nel 1937, l'intera organizzazione educativo-sanitaria delle colonie estive venne affidata alla Gioventù Italiana del Littorio (GIL) in collaborazione con le prefetture e i presidi sanitari provinciali. Un regolamento del 1939 stabilisce che le colonie estive erano destinate a "tutti i fanciulli di età compresa tra i 6 e i 13 anni, [purché] regolarmente iscritti alla Gioventù Italiana del Littorio ed in possesso della relativa tessera per l'anno in corso". Potevano essere ammessi i "fanciulli appartenenti a famiglie bisognose", con la preferenza assoluta ai "fanciulli orfani di Caduti; i figli di mutilati e di invalidi della grande guerra, della Rivoluzione, o che presero parte della campagna in Africa Orientale ; oppure i fanciulli appartenenti a famiglia numerosa".
Alla metà degli anni '30, circa il 10% dei bambini compresi nell'età e nelle categorie che avevano diritto usufruirono della possibilità di soggiornare al mare o in montagna per non meno di 30 giorni. Fonti ufficiali parlano di un totale di 568.680 assistiti nel 1935 e 806.964 durante l'estate precedente all'entrata in guerra, nel '39.
La giornata nelle colonie estive era segnata da ritmi precisi, stabiliti dal regolamento del 1935, e secondo un'educazione patriottico-religiosa e premilitare che comprendeva schieramenti, marce e adunate per il saluto alla bandiera e per l'omaggio al sovrano e al capo del fascismo, l'appello ai caduti della Grande Guerra, canti e letture di educazione politica ,e infine, non meno importanti, preghiere. Nelle tre estati di guerra del 1940-42, disciplina e propaganda furono ulteriormente al centro della vita quotidiana delle colonie, con l'introduzione di regole militari nei comportamenti dei balilla, che prevedevano anche turni di guardia con armi-giocattolo. Dal 1942 al 1943 molte colonie diventarono ospedali, convalescenziari, orfanotrofi e ospizi. Nell'estate 1944, il patrimonio della GIL nella zona liberata dagli alleati venne delegato ad un commissariato.
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale alle colonie venne riconosciuto il carattere formativo ed emancipante. La cosa importante che non saranno più aperte esclusivamente alle fasce povere. Gestite da centri religiosi e non solo, le colonie estive sono state luogo di incontri, giochi scatenati, di tanti giovani cresciuti negli anni ’50 e ’60, che oggi, con tanto affetto ricordano quei giorni pieni d’emozione, per sempre impressi nella loro memoria.
Con il boom economico degli anni ’60, c’erano ancora tante famiglie meno abbienti che non potevano permettersi le vacanze vere e proprie. Le colonie, che dagli anni ’70 passano di competenza agli Enti Pubblici, permettevano pure a loro di poter mandare in vacanza i propri figli, a volte timidi perché mai avevano lasciato casa, e che potevano vivere un’autentica esperienza molto importante per i ragazzi di quella età.
Oggi è un termine usato da pochi, ed è stato sostituito da “Soggiorni Estivi” o “Soggiorni estivi per minori”. Le colonie, nel senso lato, non ci sono più. Al loro posto oggi sono sorti i campi estivi, che permettono ai ragazzi di età scolastica di passare settimane di vacanza, tra giochi e attività all’aperto, di imparare le lingue straniere oppure praticare lo sport.
I centri estivi, soprattutto ora, in tempi in cui le famiglie devono affrontare tante spese, sono molto attuali. Si spende poco, tra l’iscrizione, l’alloggio e i pasti settimanali, da 90 euro a settimana in su. Alcuni centri prevedono sconti per le famiglie che hanno i numerosi figli. I più economici restano i soggiorni estivi organizzati dalla chiesa.
I loro coetanei e connazionali, oltreoceano, preferiscono, pure, andare in uno di campus estivi. I prezzi, anche lì, variano dal centro al centro e possono anche oltrepassare mille dollari. Se vogliono imparare la lingua dei loro antenati, i ragazzi americani dell’origine italiana possono optare per uno dei campus situati sulla riviera italiana, dove possono imparare la lingua e conoscere tanti nuovi amici. Si parte da 600 euro per una settimana, fino ai 2140,00 per quattro settimane. Nei costi, però, di solito non sono inclusi i corsi di lingua.
©2014 Emina Ristovic; The Italian Heritage Magazine
Per alcuni sono già iniziate le ferie, per altri, ancora, c’è da aspettare il momento tanto atteso di vacanze, magari da passare in qualche nota località balneare. Si lavora tanto e non si vede il momento di staccare la spina e partire, lontano dal caos delle città, e rilassarsi con le persone amate accanto.
I tempi in cui viviamo, di globalizzazione ma soprattutto della crisi economica che ha colpito tante delle famiglie italiane, ha cambiato molto la percezione delle vacanze. Un tempo tutto era diverso. Il boom economico a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 aveva visto migliorare il tenore di vita degli italiani. Le vacanze, prima lusso accessibile solo ai ricchi, passo a passo diventano anche disponibili al ceto medio, che prima di allora a fatica si poteva permettere qualche utilitaria, rigorosamente pagata a rate.
A partire degli anni ’60 e ’70 diventa quasi scontato andare in vacanza con l’intera famiglia per un mese intero. Si partiva in macchina, in quegli anni la patente si otteneva a 20 anni e solito un membro di famiglia la possedeva, o in treno, di notte per arrivare ore dopo, che sembravano un’eternità, alla destinazione. La stessa ogni anno. Le mete più gettonate erano quelle della costa adriatica come Rimini o Riccione, oppure Cattolica. Quanta gioia riempiva i cuori dei giovani che ogni estate potevano contare sugli stessi “amici del mare”!
Negli anni ’80, con l’arrivo dei tour operator e i pacchetti all-inclusive, le vacanze diventano sempre più internazionali. Gli italiani cambiano le loro abitudini, le vacanze di un mese si dimezzano a due settimane, da passare in qualche villaggio, o struttura alberghiera. Le mete italiane, sempre amate e scelte sia dai personaggi noti che dalla gente ‘normale’, vengono ampliate, ma non sostituite, con quelle estere.
Gli anni ’90 invece diventano portavoce delle vacanze low-cost, della durata variabile, e che vedranno sempre più italiani scegliere le località straniere. I giovani scoprono, con almeno 30 anni di ritardo rispetto agli altri europei, Ibiza – località nota per il divertimento che ha sempre attratto i turisti stranieri.
Il nuovo millennio ha dato una nuova luce al modo di vedere e vivere le vacanze. L’attacco alle Torri Gemelle, che ha messo in discussione la sicurezza dei viaggiatori, e la grande crisi economica che ha colpito il mondo, sono state le principali cause per i quali l’84 degli italiani oggi preferiscono la vacanza tra i confini domestici.
I dati Istat parlano chiaro. La crisi, anche se ha diminuito molto il potere d’acquisto degli italiani, che hanno ridotto i soggiorni brevi del 18,7%, non ha fatto calare i numero dei vacanzieri nostrani. Se si fanno i sacrifici durante l’anno, magari risparmiando su altre cose, alle vacanze non si rinuncia. Sempre forte vanno le mete italiane, mentre quelle estere sono in diminuzione. Quanto alla duratura delle ferie, si va sempre da una a due settimane.
C’è però un dato importante, che non bisogna tralasciare. Quasi 50% delle famiglie italiane vive con, circa, 1900 euro al mese, e il 14, 6% di questi non arriva al fine mese. Sono loro che hanno dovuto, per forza, adeguarsi alle nove regole, grazie all’impoverimento che ha investito un po’ tutti, e che hanno avuto diminuire il budget familiare, che una volta comprendeva anche le ferie, per poter sopravvivere.
Nel 2011 l’interesse per l’estero è stato alto, ma solo in parte è stato realizzato. Sono stati gli italiani di una certa età, che hanno optato per le vacanze domestiche, mentre a scegliere le mete estere sono stati i più giovani, sempre in ricerca della trasgressione.
La destinazione preferita degli italiani resta però l’Italia, anche se, va detto, tra il 1997 e il 2010, la quota di turisti che hanno scelto le località turistiche interne è passata dal 21,6% al 21,2%, mentre quella di chi ha scelto l’estero è salita dal 4,7% al 5,9%.
Tra le destinazioni nazionali più amate ci sono cinque regioni del nord, ovvero Emilia Romagna, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto e Liguria, due del centro , Toscana e Lazio, e tre del sud: Campania, Sicilia e Puglia. Il quadro è leggermente cambiato dagli anni ’90, in cui la Calabria figurava tra le prime dieci destinazioni, mentre oggi è rimpiazzata dalla Puglia.
Quando si sceglie di passare le vacanze fuori dal paese, si opta maggiormente per le destinazioni europee. Tra gli stati in voga ci sono Spagna, Francia e Croazia. Se invece si decide di passare le vacanze oltre i confini europei, gli italiani preferiscono l’Egitto, i Paesi del Maghreb e gli Stati Uniti. Se una volta andavano tanto di moda i Paesi latino-americani, ora non fanno più parte dei top 10.
Rispetto a ieri, è molto cambiato anche il modo di organizzare le vacanze. Se negli anni ’80 – ’90 tutti si avvalevano dei tour operator, nel 1997 il 25% dei viaggi venivano organizzati con la prenotazione diretta, oggi, con l’espansione della tecnologia, è molto in fai da te. Infatti, un viaggio su due viene prenotato online dagli stessi turisti, con il risultato che la quota delle agenzie sul totale viaggi è, anche se modestamente, in riduzione.
La rete è diventata molto importante e insostituibile, quanto alla prenotazione diretta, soprattutto per trovare l’alloggio ma anche per prenotare il volo. Con la nascita dei voli low cost, che come è noto, sono prenotabili e pagabili soltanto attraverso la rete, l’uso del web è cresciuto sostanzialmente. Oggi il 14% per cento dei viaggi, non solo in aereo, ma anche con altri mezzi di trasporto, vengono prenotati in rete.
Maggior parte degli italiani preferisce dei viaggi in aereo, soprattutto grazie alla economicità dei voli low cost. Il mezzo di trasporto più usato dagli italiani resta la macchina, sette viaggi su dieci vengono fatti in automobile, mentre cala l’uso dei treni.
Le vacanze italiane sono cambiate per certi aspetti, per altri invece no. Cos’è rimasto uguale? Restano tanti gli italiani che, prevalentemente per ragioni economiche, non vanno in vacanza. Il turismo tra gli anziani è un fenomeno piuttosto residuale, al limite si va fuori della propria regione ma sempre restando in Italia, nonostante le condizioni siano favorevoli ai viaggi. Località balneari sono sempre tra le più amate e scelte per le vacanze e per il trasporto l’auto resta sempre il mezzo più usato. Invece le case private sono molto più frequentate dagli alberghi e dei residences.
Qualcosa è,però, cambiato. Si è accorciata la durata media delle vacanze. Tra le mete preferite, vanno molto di moda anche quelle estere, in aumento quest’anno, soprattutto grazie ai viaggi low – cost. I viaggi sono sempre più organizzati e prenotati in rete, che ha fatto diminuire le vacanze effettuate senza prenotazione. Quanto a mezzi di trasporto, si usa di più l’aereo e meno il treno.
Vacanze alla misura del bambino
Come i grandi, anche i più piccoli di casa amano andare in vacanza, divertirsi e conoscere nuovi amici. Nel passato, durante i mesi estivi, era molto popolare andare in colonia. Se partiamo da un contesto storico, le colonie d’allora e i campi estivi di oggi, si sono molto cambiati.
Cosa sono le colonie? Con quel termine indichiamo i campi di vacanza organizzati per i bambini in età scolastica, che hanno come lo scopo rafforzare, utilizzando varie misure pedagogiche, corpo e mente dei giovani. All’inizio, furono creati apposta per quei ragazzi e quelle ragazze cui famiglie avevano difficoltà economiche, ma col tempo, a frequentare questi centri furono i bambini di tutti i ceti sociali.
Le colonie hanno l’origine in Svizzera, che fu tra i primi paesi a organizzare questi campi nel 1876. La prima colonia ebbe luogo nel cantone di Appenzello Esterno e fu condotta dal pastore Hermann Walter Bion. A quella prima vacanza presero parte 68 bambini e dieci adulti. Il pastore predicava ai ragazzi, che dormivano sul fieno o sulla paglia, e alle ragazze, ospitate nelle case dei contadini, il dovere di vivere una “vita semplice e limitata allo stretto necessario. I giovani dovevano aiutare i contadini a fare i compiti di economia domestica, e quando non “lavoravano”, trascorrevano il resto del tempo svolgendo attività all’aperto. Negli anni successivi, sempre più bambini partecipavano alle colonie, di cui l’idea si diffuse rapidamente in tutta Europa, arrivando, qualche tempo dopo, anche negli Stati Uniti, nell’America Latina e in Giappone.
In Italia, le colonie prendono il via nel 1822, a Viareggio dove l’Ospedale di Lucca organizza la vacanza per i bambini della strada. Nel 1885 c’erano già 19 centri, chiamati ospizi all’epoca, lungo le coste dell'Adriatico e del Tirreno settentrionali. Col tempo furono cresciuti soprattutto i centri per i marinai (43 nel 1913) e le colonie scolastiche e climatiche che prevedevano lunghe degenze per bambini malati di tubercolosi e di scrofolosi.
La Grande Guerra peggiorò le già precarie condizioni igieniche e sanitarie delle classi più poveri che popolavano i centri urbani industriali. Le malattie come il tifo, ma soprattutto la tubercolosi, la peggiore malattia del XIX secolo, segnarono profondamente il Novecento italiano e colpirono soprattutto i più giovani.
A partire dal 1926, la gestione delle colonie venne affidata localmente alle federazioni del PNF e alle loro Casse provinciali di previdenza per le opere di beneficenza. Dalla loro unione nel 1931 nasce l'Ente Opere Assistenziali , al quale contribuirono in fondi e in personale sia l'Opera Nazionale Maternità e Infanzia (Onmi) sia l'Opera Nazionale Balilla (Onb).
Alla metà degli anni '30 il fascismo si impegnò a dare una definitiva identità politica, sanitaria ed educativa alle colonie, soprattutto a quelle temporanee estive e marittime. Nel 1935, si tenne a Rimini un congresso nazionale medico che classificò attentamente le colonie estive secondo le malattie, i periodi di cura e di soggiorno, le località e stilò un primo regolamento al riguardo.
Nel 1937, l'intera organizzazione educativo-sanitaria delle colonie estive venne affidata alla Gioventù Italiana del Littorio (GIL) in collaborazione con le prefetture e i presidi sanitari provinciali. Un regolamento del 1939 stabilisce che le colonie estive erano destinate a "tutti i fanciulli di età compresa tra i 6 e i 13 anni, [purché] regolarmente iscritti alla Gioventù Italiana del Littorio ed in possesso della relativa tessera per l'anno in corso". Potevano essere ammessi i "fanciulli appartenenti a famiglie bisognose", con la preferenza assoluta ai "fanciulli orfani di Caduti; i figli di mutilati e di invalidi della grande guerra, della Rivoluzione, o che presero parte della campagna in Africa Orientale ; oppure i fanciulli appartenenti a famiglia numerosa".
Alla metà degli anni '30, circa il 10% dei bambini compresi nell'età e nelle categorie che avevano diritto usufruirono della possibilità di soggiornare al mare o in montagna per non meno di 30 giorni. Fonti ufficiali parlano di un totale di 568.680 assistiti nel 1935 e 806.964 durante l'estate precedente all'entrata in guerra, nel '39.
La giornata nelle colonie estive era segnata da ritmi precisi, stabiliti dal regolamento del 1935, e secondo un'educazione patriottico-religiosa e premilitare che comprendeva schieramenti, marce e adunate per il saluto alla bandiera e per l'omaggio al sovrano e al capo del fascismo, l'appello ai caduti della Grande Guerra, canti e letture di educazione politica ,e infine, non meno importanti, preghiere. Nelle tre estati di guerra del 1940-42, disciplina e propaganda furono ulteriormente al centro della vita quotidiana delle colonie, con l'introduzione di regole militari nei comportamenti dei balilla, che prevedevano anche turni di guardia con armi-giocattolo. Dal 1942 al 1943 molte colonie diventarono ospedali, convalescenziari, orfanotrofi e ospizi. Nell'estate 1944, il patrimonio della GIL nella zona liberata dagli alleati venne delegato ad un commissariato.
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale alle colonie venne riconosciuto il carattere formativo ed emancipante. La cosa importante che non saranno più aperte esclusivamente alle fasce povere. Gestite da centri religiosi e non solo, le colonie estive sono state luogo di incontri, giochi scatenati, di tanti giovani cresciuti negli anni ’50 e ’60, che oggi, con tanto affetto ricordano quei giorni pieni d’emozione, per sempre impressi nella loro memoria.
Con il boom economico degli anni ’60, c’erano ancora tante famiglie meno abbienti che non potevano permettersi le vacanze vere e proprie. Le colonie, che dagli anni ’70 passano di competenza agli Enti Pubblici, permettevano pure a loro di poter mandare in vacanza i propri figli, a volte timidi perché mai avevano lasciato casa, e che potevano vivere un’autentica esperienza molto importante per i ragazzi di quella età.
Oggi è un termine usato da pochi, ed è stato sostituito da “Soggiorni Estivi” o “Soggiorni estivi per minori”. Le colonie, nel senso lato, non ci sono più. Al loro posto oggi sono sorti i campi estivi, che permettono ai ragazzi di età scolastica di passare settimane di vacanza, tra giochi e attività all’aperto, di imparare le lingue straniere oppure praticare lo sport.
I centri estivi, soprattutto ora, in tempi in cui le famiglie devono affrontare tante spese, sono molto attuali. Si spende poco, tra l’iscrizione, l’alloggio e i pasti settimanali, da 90 euro a settimana in su. Alcuni centri prevedono sconti per le famiglie che hanno i numerosi figli. I più economici restano i soggiorni estivi organizzati dalla chiesa.
I loro coetanei e connazionali, oltreoceano, preferiscono, pure, andare in uno di campus estivi. I prezzi, anche lì, variano dal centro al centro e possono anche oltrepassare mille dollari. Se vogliono imparare la lingua dei loro antenati, i ragazzi americani dell’origine italiana possono optare per uno dei campus situati sulla riviera italiana, dove possono imparare la lingua e conoscere tanti nuovi amici. Si parte da 600 euro per una settimana, fino ai 2140,00 per quattro settimane. Nei costi, però, di solito non sono inclusi i corsi di lingua.
©2014 Emina Ristovic; The Italian Heritage Magazine