Trentino: viaggio nella terra del vino
STORIA DEL VINO
La vite è una pianta di origini antichissime che, se solo potesse, racconterebbe una storia molto interessante. Presente sul nostro pianeta da milioni di anni, ma è solo da qualche migliaia che si è arrivato a produrre la bevanda che avrebbe conquistato prima i sumeri, poi gli egiziani e infine gli etruschi.
La storia della viticoltura italiana nasce all’incirca del 1000 a.c., all’epoca in cui i Greci conquistarono il bacino Mediterraneo. Le prime basi del vino furono la Sicilia e la Calabria dove nascono i primi centri commerciali greci, per poi espandersi progressivamente verso il nord.
Nel III secolo a.c., quando Annibale conquistò Roma, tutta l’Italia meridionale coltivava già le viti. Con le invasioni barbariche, la viticoltura vide un declino abbastanza significativo, però avrà l’occasione di riprendersi, soprattutto nel periodo rinascimentale. In quegli anni vengono fondate famose case vinicole, alcune di esse esistono anche oggi, che testimoniano un periodo fiorente del mondo del vino che durò fino al XVI secolo. La decadenza della dinastia Medici, e la conquista spagnolo-asburgica, avrà serie conseguenze per la viticoltura italiana che rinascerà soltanto dopo i tumulti politici del XIX secolo. Il periodo della prosperità durerà purtroppo poco, fino alla seconda metà dell’800.
È proprio a quest’epoca che risale la catastrofe della fillossera, l’epidemia delle vite che giunse dalla Francia, che provocò la, quas, competa distruzione dei vitigni antichi presenti sul territorio. La situazione peggiorò ulteriormente con lo scoppio delle due guerre mondiali. Si dovette attendere fino al 1970 per vedere i primi segni di ripresa.
Da allora la viticoltura italiana ha subito mutamenti più radicali che nei tre secoli precedenti. Non ci sono più le coltivazioni promiscue che vedevano le viti coltivate assieme a ulivi e alberi da frutto. Sono stati introdotti dei cambiamenti che riguardano cantine, come l’introduzione del controllo della temperatura durante la fermentazione, che ha contribuito notevolmente al miglioramento della qualità dei vini italiani.
L’Italia è, senza l’ombra di dubbio, uno dei paesi maggiori produttori del vino che, con una produzione media annua di 60 milioni di ettolitri, detiene l’80% della produzione mondiale . La maggior parte del vino italiano proviene da Puglia, Sicilia, Emilia Romagna e Veneto, regioni in cui si hanno produzioni intensive, questo però non toglie il fatto che la qualità e il pregio possano arrivare anche da altre zone.
Trentino
Il Trentino è la terra nota per la sua ricca storia e la tradizione tramandata da generazione in generazione, ma soprattutto per il suo buon vino. Coltivare la vite è un’arte praticata da molte famiglie in queste zone che da secoli, con tanto amore e tanta passione, producono la bevanda alcolica per l’eccellenza che incanta con il suo gusto e il sapore unico.
Il Trentino non è solo la montagna, ci sono le zone vitivinicole immerse nel verde, le ampie vallate e terrazze baciate dal sole che favoriscono la produzione dei vini del valore inestimabile, noti al mondo intero per la loro squisitezza. I vini trentini hanno carattere che li rende diversi ma unici, capaci di raccontare una storia dall’interno di un bicchiere, la storia di un popolo forte conosciuto per la propria tradizione e i valori che non si scordano mai.
ACCENNI STORICI
Non si può parlare del bagaglio culturale del trentino senza fare un accenno doveroso alla viticoltura, le cui radici storici risalgono addirittura alla preistoria. Gli archeologi hanno ritrovato nella valle di Ledro i reperti che risalgono all’età di bronzo. A fare la diretta testimonianza un vaso di rame, la cosiddetta “situla” etrusca, ritrovato sul “Dòs Casilìr” a Cembra, nella valle che porta lo stesso nome, nel 1838. La Situla, che era usata durante cerimonie religiose in onore di Sileno e Bacco, risale, dicono gli esperti, al 3000 avanti Cristo.
Nell’epoca romana in Trentino è presente già una produzione di vino, cosiddetto “retico”, una bevanda nobile spesso versata nei calici degli imperatori, come testimoniano le numerose citazioni della letteratura latina. In quegli anni si insiste molto sul perfezionamento delle tecniche di coltivazione e di lavorazione del vino, facendo sì che la viticoltura diventi l’attività economica di grande importanza per il territorio.
Le prime regole vendemmiali , invece, furono promosse nel medioevo, circa nel 1100. Nel secolo successivo furono emessi gli "Statuti di Trento", norme protezioniste con lo scopo di ostacolare l'importazione di vini prodotti nelle zone limitrofe. Con le norme arrivano anche le prime dispute, nel 1372, tra i viticoltori di Trento e quelli di Bolzano per ottenere l'esclusiva per l'esportazione vinicola verso il Nord Europa. Lo scontro durò a lungo e si risolse con un compromesso un paio di secoli più tardi.
Nei secoli successivi si affineranno le tecniche di produzione, si importeranno nuovi vitigni e si comincerà a dare un’identità ai prodotti della terra trentina. In quei tempi nascono i grandi nomi vinicoli che conosciamo oggi: Teroldego e Marzemino. Il merito per averli fatti conoscere al di fuori degli stretti confini provinciali è di Michelangelo Mariani, le cui cronache riguardanti il Concilio di Trento faranno sì che la notorietà dei Vini Trentini possa diffondersi altrove. Non per nulla, secoli più tardi, arriverà l’apice della loro gloria grazie alla celeberrima citazione mozartiana nel “Don Giovanni”.
Come fu il caso per il resto del mondo, anche per la viticoltura trentina arriva un periodo nero, a partire della fine del XVII secolo. Le devastazione napoleoniche, l’inondazione del fiume Adige, l’emigrazione, le malattie della vite, la prima guerra mondiale, avranno un impatto importante sulla produzione vinicola trentina.
Per far fronte alla crisi, più forti e decisi che mai, i Trentini rispondono con la nascita, nel 1874, dell’Istituto Agrario di San Michele che negli anni a venire si sarebbe occupato della ricerca enologica, dando l’inizio a una nuova era della viticoltura trentina.
VINI TRENTINI
Raccontare la storia di questa terra stupenda attraversando il verde dei suoi vigneti significa fare un viaggio che parte delle colline morbide della Valle dei Laghi, passando per le prosperose coltivazioni della Valle dell’Adige, arrivando su fino alla magnifica Piana Rotaliana, non dimenticano le bellezze dei boschi di Faedo e dei magnifici giardini vitati della Valle di Cembra.
Dalle sponde del lago di Garda alle terrazze della già citata Valle di Cembra la vite rappresenta il componente essenziale del paesaggio locale. Unendo le forze, i diversi climi, la natura e le mani dei vignaioli, questa terra unica ci offre degli ottimi vini.
Tre sono quelli che la tradizione popolare del luogo ama considerare autoctoni: il Nosiola, il Teroldego e il Marzemino. Ognuno rappresenta un particolare territorio, ed esprime la cultura di un popolo. Accanto ad essi ci sono quei vitigni che, pur non essendo autoctoni, si sono adattati splendidamente al territorio: il Müller Thurgau e lo Chardonnay. Tutti questi vini hanno ottenuto la Denominazione di Origine Controllata, il cosiddetto DOC.
Il Nosiola è il vino ottenuto con le uva dell’omonimo vitigno, che racchiude il clima mediterraneo del lago di Garda , sfruttando l’Ora, il vento locale, per combattere l’umidità. Un tempo usato semplicemente come “vino da messa”, è abbinabile ai piatti di pesce lacustre, in particolare con il persico impanato e con la trotta alla brace.
Il Marzemino è il vitigno autoctono del basso Trentino. Omaggiato nel “Don Giovanni” di Mozart, è il vino tipico della Vallagarina, distinto per la gentilezza del suo profumo ed il gusto armonico. È ottimo se si mangiano piatti a base di funghi, carni bianche o rosse e salami caldi.
Il Teroldego è il vitigno autoctono per eccellenza della Piana Rotaliana. L’elemento prezioso per il Teroldego è l’acqua, che abbonda nel terreno alluvionale del campo rotaliano tra le sponde del fiume Adige e del torrente Noce. Considerato il principe dei vini trentini, fu definito dal cronista del Concilio di Trento “vino muto che fa parlare”. Da giovane si accompagna bene a soufflé di formaggi e a piatti di mezzo. Invece se invecchiato, fa ottimo connubio con la carne salada, selvaggina e formaggi a pasta dura stagionati.
Il Müller Thurgau è il vitigno non autoctono, uno dei più rinomati delle Alpi, che cresce sui pendii della Val di Cembra. L’omonimo vino, noto per il suo particolare aroma che lo contradistingue, nasce nel 1881 grazie al ricercatore svizzero Hermann Müller di Thurgau che ebbe l’ idea geniale di incrociare le varietà Riesling renano con Chasselas. È considerato ottimo aperitivo, che si abbina benissimo a primi piatti con salse a base di molluschi e a pesce cotto alla brace.
Lo Chardonnay Trentino DOC è lo spumante ottenuto attraverso il metodo classico della rifermentazione in bottiglia. Al vino base fatto con uve Chardonnay si aggiungono zuccheri e lieviti selezionati. Così imbottigliato, il vino affronta una seconda fermentazione, a cui segue il riposo sui lieviti, che dura quindici mesi, o meglio trentasei se nella riserva. Infine si procede all’eliminazione dei residui, alla dosatura e alla tappatura finale. Nel 1993 lo spumante trentino ottiene il riconoscimento della D.O.C. “Trento”, che conferma la sua qualità. Era per la prima volta, in ambito nazionale, che un vino otteneva un riconoscimento del genere. Lo Chardonnay trentino è un ottimo aperitivo, che si sposa benissimo con antipasti e piatti delicati a base di pesce, ma anche con le carni bianche, il riso e con le paste alle verdure.
©2012 Emina Ristovic, The Italian Heritage Magazine
La vite è una pianta di origini antichissime che, se solo potesse, racconterebbe una storia molto interessante. Presente sul nostro pianeta da milioni di anni, ma è solo da qualche migliaia che si è arrivato a produrre la bevanda che avrebbe conquistato prima i sumeri, poi gli egiziani e infine gli etruschi.
La storia della viticoltura italiana nasce all’incirca del 1000 a.c., all’epoca in cui i Greci conquistarono il bacino Mediterraneo. Le prime basi del vino furono la Sicilia e la Calabria dove nascono i primi centri commerciali greci, per poi espandersi progressivamente verso il nord.
Nel III secolo a.c., quando Annibale conquistò Roma, tutta l’Italia meridionale coltivava già le viti. Con le invasioni barbariche, la viticoltura vide un declino abbastanza significativo, però avrà l’occasione di riprendersi, soprattutto nel periodo rinascimentale. In quegli anni vengono fondate famose case vinicole, alcune di esse esistono anche oggi, che testimoniano un periodo fiorente del mondo del vino che durò fino al XVI secolo. La decadenza della dinastia Medici, e la conquista spagnolo-asburgica, avrà serie conseguenze per la viticoltura italiana che rinascerà soltanto dopo i tumulti politici del XIX secolo. Il periodo della prosperità durerà purtroppo poco, fino alla seconda metà dell’800.
È proprio a quest’epoca che risale la catastrofe della fillossera, l’epidemia delle vite che giunse dalla Francia, che provocò la, quas, competa distruzione dei vitigni antichi presenti sul territorio. La situazione peggiorò ulteriormente con lo scoppio delle due guerre mondiali. Si dovette attendere fino al 1970 per vedere i primi segni di ripresa.
Da allora la viticoltura italiana ha subito mutamenti più radicali che nei tre secoli precedenti. Non ci sono più le coltivazioni promiscue che vedevano le viti coltivate assieme a ulivi e alberi da frutto. Sono stati introdotti dei cambiamenti che riguardano cantine, come l’introduzione del controllo della temperatura durante la fermentazione, che ha contribuito notevolmente al miglioramento della qualità dei vini italiani.
L’Italia è, senza l’ombra di dubbio, uno dei paesi maggiori produttori del vino che, con una produzione media annua di 60 milioni di ettolitri, detiene l’80% della produzione mondiale . La maggior parte del vino italiano proviene da Puglia, Sicilia, Emilia Romagna e Veneto, regioni in cui si hanno produzioni intensive, questo però non toglie il fatto che la qualità e il pregio possano arrivare anche da altre zone.
Trentino
Il Trentino è la terra nota per la sua ricca storia e la tradizione tramandata da generazione in generazione, ma soprattutto per il suo buon vino. Coltivare la vite è un’arte praticata da molte famiglie in queste zone che da secoli, con tanto amore e tanta passione, producono la bevanda alcolica per l’eccellenza che incanta con il suo gusto e il sapore unico.
Il Trentino non è solo la montagna, ci sono le zone vitivinicole immerse nel verde, le ampie vallate e terrazze baciate dal sole che favoriscono la produzione dei vini del valore inestimabile, noti al mondo intero per la loro squisitezza. I vini trentini hanno carattere che li rende diversi ma unici, capaci di raccontare una storia dall’interno di un bicchiere, la storia di un popolo forte conosciuto per la propria tradizione e i valori che non si scordano mai.
ACCENNI STORICI
Non si può parlare del bagaglio culturale del trentino senza fare un accenno doveroso alla viticoltura, le cui radici storici risalgono addirittura alla preistoria. Gli archeologi hanno ritrovato nella valle di Ledro i reperti che risalgono all’età di bronzo. A fare la diretta testimonianza un vaso di rame, la cosiddetta “situla” etrusca, ritrovato sul “Dòs Casilìr” a Cembra, nella valle che porta lo stesso nome, nel 1838. La Situla, che era usata durante cerimonie religiose in onore di Sileno e Bacco, risale, dicono gli esperti, al 3000 avanti Cristo.
Nell’epoca romana in Trentino è presente già una produzione di vino, cosiddetto “retico”, una bevanda nobile spesso versata nei calici degli imperatori, come testimoniano le numerose citazioni della letteratura latina. In quegli anni si insiste molto sul perfezionamento delle tecniche di coltivazione e di lavorazione del vino, facendo sì che la viticoltura diventi l’attività economica di grande importanza per il territorio.
Le prime regole vendemmiali , invece, furono promosse nel medioevo, circa nel 1100. Nel secolo successivo furono emessi gli "Statuti di Trento", norme protezioniste con lo scopo di ostacolare l'importazione di vini prodotti nelle zone limitrofe. Con le norme arrivano anche le prime dispute, nel 1372, tra i viticoltori di Trento e quelli di Bolzano per ottenere l'esclusiva per l'esportazione vinicola verso il Nord Europa. Lo scontro durò a lungo e si risolse con un compromesso un paio di secoli più tardi.
Nei secoli successivi si affineranno le tecniche di produzione, si importeranno nuovi vitigni e si comincerà a dare un’identità ai prodotti della terra trentina. In quei tempi nascono i grandi nomi vinicoli che conosciamo oggi: Teroldego e Marzemino. Il merito per averli fatti conoscere al di fuori degli stretti confini provinciali è di Michelangelo Mariani, le cui cronache riguardanti il Concilio di Trento faranno sì che la notorietà dei Vini Trentini possa diffondersi altrove. Non per nulla, secoli più tardi, arriverà l’apice della loro gloria grazie alla celeberrima citazione mozartiana nel “Don Giovanni”.
Come fu il caso per il resto del mondo, anche per la viticoltura trentina arriva un periodo nero, a partire della fine del XVII secolo. Le devastazione napoleoniche, l’inondazione del fiume Adige, l’emigrazione, le malattie della vite, la prima guerra mondiale, avranno un impatto importante sulla produzione vinicola trentina.
Per far fronte alla crisi, più forti e decisi che mai, i Trentini rispondono con la nascita, nel 1874, dell’Istituto Agrario di San Michele che negli anni a venire si sarebbe occupato della ricerca enologica, dando l’inizio a una nuova era della viticoltura trentina.
VINI TRENTINI
Raccontare la storia di questa terra stupenda attraversando il verde dei suoi vigneti significa fare un viaggio che parte delle colline morbide della Valle dei Laghi, passando per le prosperose coltivazioni della Valle dell’Adige, arrivando su fino alla magnifica Piana Rotaliana, non dimenticano le bellezze dei boschi di Faedo e dei magnifici giardini vitati della Valle di Cembra.
Dalle sponde del lago di Garda alle terrazze della già citata Valle di Cembra la vite rappresenta il componente essenziale del paesaggio locale. Unendo le forze, i diversi climi, la natura e le mani dei vignaioli, questa terra unica ci offre degli ottimi vini.
Tre sono quelli che la tradizione popolare del luogo ama considerare autoctoni: il Nosiola, il Teroldego e il Marzemino. Ognuno rappresenta un particolare territorio, ed esprime la cultura di un popolo. Accanto ad essi ci sono quei vitigni che, pur non essendo autoctoni, si sono adattati splendidamente al territorio: il Müller Thurgau e lo Chardonnay. Tutti questi vini hanno ottenuto la Denominazione di Origine Controllata, il cosiddetto DOC.
Il Nosiola è il vino ottenuto con le uva dell’omonimo vitigno, che racchiude il clima mediterraneo del lago di Garda , sfruttando l’Ora, il vento locale, per combattere l’umidità. Un tempo usato semplicemente come “vino da messa”, è abbinabile ai piatti di pesce lacustre, in particolare con il persico impanato e con la trotta alla brace.
Il Marzemino è il vitigno autoctono del basso Trentino. Omaggiato nel “Don Giovanni” di Mozart, è il vino tipico della Vallagarina, distinto per la gentilezza del suo profumo ed il gusto armonico. È ottimo se si mangiano piatti a base di funghi, carni bianche o rosse e salami caldi.
Il Teroldego è il vitigno autoctono per eccellenza della Piana Rotaliana. L’elemento prezioso per il Teroldego è l’acqua, che abbonda nel terreno alluvionale del campo rotaliano tra le sponde del fiume Adige e del torrente Noce. Considerato il principe dei vini trentini, fu definito dal cronista del Concilio di Trento “vino muto che fa parlare”. Da giovane si accompagna bene a soufflé di formaggi e a piatti di mezzo. Invece se invecchiato, fa ottimo connubio con la carne salada, selvaggina e formaggi a pasta dura stagionati.
Il Müller Thurgau è il vitigno non autoctono, uno dei più rinomati delle Alpi, che cresce sui pendii della Val di Cembra. L’omonimo vino, noto per il suo particolare aroma che lo contradistingue, nasce nel 1881 grazie al ricercatore svizzero Hermann Müller di Thurgau che ebbe l’ idea geniale di incrociare le varietà Riesling renano con Chasselas. È considerato ottimo aperitivo, che si abbina benissimo a primi piatti con salse a base di molluschi e a pesce cotto alla brace.
Lo Chardonnay Trentino DOC è lo spumante ottenuto attraverso il metodo classico della rifermentazione in bottiglia. Al vino base fatto con uve Chardonnay si aggiungono zuccheri e lieviti selezionati. Così imbottigliato, il vino affronta una seconda fermentazione, a cui segue il riposo sui lieviti, che dura quindici mesi, o meglio trentasei se nella riserva. Infine si procede all’eliminazione dei residui, alla dosatura e alla tappatura finale. Nel 1993 lo spumante trentino ottiene il riconoscimento della D.O.C. “Trento”, che conferma la sua qualità. Era per la prima volta, in ambito nazionale, che un vino otteneva un riconoscimento del genere. Lo Chardonnay trentino è un ottimo aperitivo, che si sposa benissimo con antipasti e piatti delicati a base di pesce, ma anche con le carni bianche, il riso e con le paste alle verdure.
©2012 Emina Ristovic, The Italian Heritage Magazine